VESUVIO

Storia

Musei

Specie descritte per la prima volta

Bibliografia

Il Vesuvio è sicuramente il più importante vulcano nella storia della Mineralogia, in quanto, come unico vulcano attivo facilmente accessibile agli scienziati per tutto il XVIII e XIX secolo, ha creato le condizioni per lo studio di un particolare tipo di minerogenesi e conseguentemente per la definizione di numerose specie. Inoltre, l'Osservatorio Vesuviano, fondato nel 1845 come primo al mondo, creò le condizioni per un incontro internazionale di idee che di fatto fesce nascere la Vulcanologia come disciplina a se stante.

 

Storia

Più che con l'interesse suscitato dalla ripresa dell'attività vulcanica nel 1631 (dopo quasi quattro secoli di inattività), la storia della prima indagine mineralogica vesuviana coincide con quella archeologica degli scavi di Ercolano (1709-1716) e Pompei (1738-1763). I primi lavori descrittivi di raccolte di minerali e rocce sono di G.M. Della Torre (1755) e F. Galiani (1772). Il primo studio minerogenetico è di J. Ferber (1773) che distinse i minerali contenuti in (a) proietti, (b) lave e (c) fuoco (cioè esalativi). Seguono poi studi cristallografici di J.B. Romé de l'Isle (1783) e R.J. Haüy (1801) e ancora studi sistematici di G. Gioeni (1791), J.C. Delamétherie (1797) e S. Breislak (1801). Tra i mineralisti e vulcanologi dell'Ottocento spiccano T. Monticelli, N. Covelli, A. Scacchi, M. Melloni, G. Mercalli e G. vom Rath. Nel Novecento vi operarono A. Lacroix, F. Zambonini, G. Carobbi e A. Rittmann. Particolarmente importante il Convegno scientifico tenuto a Napoli nel 1845 perché permise la definitiva sconfessione della teoria dei crateri di sollevamento formulata da Leopold von Buch.

Specie rinvenute e ambiente di rinvenimento. Nell'apparato vulcanico Somma- Vesuvio si conoscono non meno di 185 specie mineralogiche, di cui 49 sono state rinvenute e descritte per la prima volta qui. Proprietà e dati di altre 30 specie circa sono stati determinati principalmente su campioni di provenienza vesuviana. Nel complesso vulcanico M. Somma - Vesuvio i minerali si trovano in quattro diverse giaciture principali:

 

  1. nei proietti calcarei metamorfici del M. Somma (versante esterno), ulteriormente divisi nei tre tipi di proietti:
  2. 1a. massicci;

    1b. vacuolari;

    1c. silicizzati.

    Nei proietti del tipo 1a. i minerali sono per solito anedrali e distribuiti a chiazze o a bande: humite, lapislazzuli, biotite, periclasio (brucite), pirosseni, magnetite, galena, sfalerite. Il tipo 1b. ha geodi a struttura zonato-concentrica: una zona periferica a calcite+augite, poi verso l'interno una zona a biotite+calcite+olivina, e al centro cristalli a crescita libera: wollastonite, humite e feldspatoidi. Il tipo 1c. ha le stesse strutture e gli stessi minerali del tipo 1b., ma è privo di calcite in quanto totalmente silicizzato.

     

  3. nelle fenditure dei proietti lavici. Nei blocchi del Vesuvio ci sono silicati come pirosseni, anfiboli, feldspatoidi, fayalite; ossidi come vonsenite, hausmannite, cuprite e ematite, e inoltre sellaite, fluorite e anidrite; in quelli del M. Somma i minerali sono questi stessi ed altri silicati del gruppo delle zeoliti.
  4.  

  5. nelle fumarole attive del Vesuvio e delle fumarole antiche del M. Somma: soprattutto alogenuri (silvite, salgemma, clorocalcite, lawrencite, bararite, cloromanganocalite, atacamite, cotunnite), solfati (calcocianite, thenardite, mascagnite, palmierite, antlerite, euclorina, alunite, voltaite, bassanite, matteuccite), solfuri (covellina, millerite, galena, pirite) e ossidi (tenorite).
  6.  

  7. fenocristalli nelle lave tefritiche e fonolitiche: leucite e sanidino.

 

Musei

La maggiore collezione di minerali vesuviani è sicuramente quella del Museo dell'Università di Napoli, che raccoglie un buon numero di olotipi di Scacchi e Zambonini. Il Museo (fondato nel 1801) è per se stesso un capolavoro di ebanisteria del Primo Impero.

 

Specie descritte per la prima volta

Ossidi: tenorite (G. Semmola, 1825), periclasio (A. Scacchi, 1841), magnesioferrite (C.F. Rammelsberg, 1859), calce (A. Scacchi, 1883);

Alogenuri: molysite (J.F.L. Hausmann, 1819), cotunnite (T. Monticelli & N. Covelli, 1825), silvite (F.S. Beudant, 1832), kremersite (P. Kremers, 1851), scacchite (J.N. Adam, 1869), melanotallite (A. Scacchi, 1870), clorocalcite (A. Scacchi, 1872), eritrosiderite (A. Scacchi, 1872), cloroaluminite (A. Scacchi, 1873), cloromagnesite (A. Scacchi, 1873), criptoalite (A. Scacchi, 1873), pseudocotunnite (A. Scacchi, 1873), eriocalcite (A. Scacchi, 1884), cloromanganokalite (H.J. Johnston-Lavis, 1906), mitscherlichite (F. Zambonini & G. Carobbi, 1925), avogadrite (F. Zambonini, 1926), malladrite (F. Zambonini & G. Carobbi, 1926), ferruccite (G. Carobbi, 1933), carobbiite (H. Strunz, 1956)

Solfati: aftitalite (G. Thomson, 1795), cianocroite (A. Scacchi, 1855), picromerite (A. Scacchi, 1855), clorotionite (A. Scacchi, 1872), dolerofanite (A. Scacchi, 1873), calcocianite (A. Scacchi, 1873), euclorina (F. Pisani, 1875), palmierite (A. Lacroix, 1907), bassanite (F. Zambonini, 1910), manganolangbeinite (F. Zambonini & G. Carobbi, 1924), mercallite (G. Carobbi, 1935), matteuccite (G. Carobbi & C. Cipriani, 1952)

Silicati: leucite (A.G. Werner, 1791), vesuviana (A.G. Werner, 1795), meionite (R.J. Haüy, 1801), nefelina (R.J. Haüy, 1801), hauyna (Bruun- Neergard, 1807), sarcolite (G. Thomson, 1807), humite (C. de Bournon, 1817), anortite (G. Rose, 1823), forsterite (M. Lévy, 1824), davyna (T. Monticelli & N. Covelli, 1825), monticellite (H.G. Brooke, 1831), microsommite (A. Scacchi, 1872), clinohumite (A. Des Cloizeaux, 1876), cuspidina (A. Scacchi, 1876), litidionite (E. Scacchi, 1880), caliofilite (B. Mierisch, 1886), cuprorivaite (C. Minguzzi, 1938), panunzite (E. Benedetti et al., 1977), montesommaite (R.C. Rouse et al., 1990), potassio-fluor-richterite (Della Ventura et al., 1992), quadridavyna (E. Bonaccorsi et al., 1994).

Possibilità attuali di rinvenimento. Pur comprese in gran parte nel parco nazionale, le pendici del Vesuvio e del M. Somma sono fortemente antropizzate e soggette da un lato a privatizzazione (con conseguente riduzione degli accessi) e dall'altro a scavi selvaggi e immediate cementificazioni. Il ritrovamento di buoni minerali è quindi funzione dei lavori di cava, sia sul versante esterno (NW) del M. Somma (Cupa, S. Vito, Pollena) sia sul versante S e SE del Vesuvio (Villa Inglese, Boscotrecase). I primi danno proietti, i secondi evidenziano fessure mineralizzate nelle lave. Scarso valore minerogenetico hanno attualmente le fumarole, essendo l'ultima attività eruttiva ormai lontana (1944).

 

Bibliografia

M. Carati (1982) Guida alla mineralogia vesuviana. Bologna, Calderini.F. Zambonini (1935) Mineralogia vesuviana (2° ed. a cura di E. Quercigh). Napoli, Acc. Sc. Fis. Mat.