NUOVI TIPI DI RADIAZIONE

In tempi recenti stanno diventando comuni nuovi metodi d'analisi che utilizzano forme d'energia alternative ai raggi X come neutroni, elettroni e radiazione di sincrotrone.

La prova che esista una diffrazione dei neutroni si è avuta fin nel 1936 (W.M. Elsasser) e il primo diffrattometro fu costruito da W.H. Zinn nel 1947. Tuttavia, per varie limitazioni sia intrinseche (la lunghezza d'onda del fascio di neutroni è molto maggiore del diametro del nucleo atomico che deve diffrangere, la sua interazione con la materia molto debole, il potere di diffusione dei vari atomi rispetto ai neutroni non varia in modo regolare col numero atomico, ecc.), sia pratiche (scarso numero e debolezza delle sorgenti, grandi dimensioni dei campioni, ecc.), il metodo cominciò a fornire dati utili solo negli anni '60, e in particolare poté essere applicato ai minerali solo dopo che H.M. Rietveld ebbe concepito (1967) e perfezionato (1969) il suo metodo di raffinamento strutturale per iterazione di uno spettro completo. I primi risultati di rilievo risalgono agli anni '70 e riguardarono zeoliti. Dato che la diffrazione dei neutroni dà risultati complementari a quella dei raggi X e, in particolare, è utile per localizzare gli atomi leggeri laddove i raggi X lo sono per quelli pesanti, essa ora sta diffondendosi per determinare la posizione dell'idrogeno nei minerali ossidrilati (che per questo vengono spesso deuterizzati), oppure la posizione e la distribuzione assunte nel reticolo da elementi leggeri tra loro vicarianti come Si e Al (quasi indistinguibili ai raggi X), o anche quella di elementi più pesanti epperò molto vicini come numero atomico (ad esempio Fe e Mn o Ni, Ti e Mg o Nb, ecc.). Dato poi che i neutroni posseggono un momento dipolare e perciò interagiscono con gli elettroni spaiati, la diffrazione neutronica è sempre più usata anche per studiare l'ordinamento magnetico di quegli ossidi che mostrano transizioni di comportamento da ferromagnetico a antiferromagnetico come le magnetoilmeniti, che sono di largo impiego nelle scienze della Terra per le loro proprietà di paleomagnetismo residuo.

La diffrazione degli elettroni è una tecnica molto più diffusa di quella dei neutroni, poiché non necessita di sorgenti particolari come i reattori, ma può essere eseguita direttamente con un buon microscopio elettronico a trasmissione, TEM. Nei suoi principi fondamentali essa differisce totalmente dalle diffrazioni sia dei raggi X sia dei neutroni, poiché la lunghezza d'onda del fascio di elettroni accelerati è straordinariamente breve (<0.03 Å) ed inoltre perché la capacità di attenuazione del fascio elettronico da parte degli atomi risulta molto maggiore. Occorrono perciò preparati ultrasottili spesso non facili da ricavare dai minerali. Tuttavia questo è l'unico metodo sicuro, almeno per ora, per ricavare informazioni dirette su aree di cristallo estremamente piccole, di poche celle elementari, e per risalire da qui alle irregolarità che i cristalli reali sempre manifestano alla scala delle loro celle elementari, come errori di impilamento, microgeminazioni, dislocazioni, ecc. Di qui l'importanza di questa tecnica per i crescitori di cristalli. Accoppiando poi al TEM alcuni accessori, si può anche eseguire uno studio spettroscopico, che può riguardare, a seconda dell'energia d'accelerazione usata, sia la superficie sia gli strati più profondi della sostanza esaminata.

Da quando G. Bathow, E. Freytag e R. Haensel (1966) hanno dimostrato che una parte dello spettro della radiazione di sincrotrone ha la stessa energia dei raggi X, pur conservando tutti i pregi che la caratterizzano rispetto alle sorgenti convenzionali (altissima intensità, fortissima polarizzazione, bassissima divergenza e struttura temporale pulsata), è diventato possibile effettuare la raccolta degli effetti di diffrazione (sia da cristallo singolo, sia da polvere) in un tempo estremamente breve (da minuti a millisecondi) e con una risoluzione degli effetti e un rapporto picco/fondo che rendono la determinazione di una struttura estremamente precisa. La radiazione di sincrotrone è particolarmente utile: (i) nella cristallografia d'altissima pressione che fa uso delle celle ad incudini di diamante, dove recentemente è stato possibile rivelare effetti di diffrazione debolissimi nel ghiaccio che, elaborati col metodo di Rietveld, ne hanno evidenziato nuovi tipi di struttura; (ii) nella diffrattometria d'alta risoluzione poiché, permettendo di separare tra loro riflessioni che differiscono di pochi centesimi di grado, essa mette in luce l'esistenza di piccolissime deviazioni dalla simmetria teorica che derivano dalla presenza di piccolissime impurezze nel campione, oppure da un suo stato di tensione strutturale; (iii) nel seguire la cinetica di una reazione, in quanto è possibile raccogliere gli effetti di diffrazione proprio nei tempi brevissimi in cui una fase si trasforma in un'altra.

La caratteristica della radiazione di sincrotrone di essere "bianca" o policromatica, cioè di contenere uno spettro continuo di lunghezze d'onda di intensità variabile con continuità, ha permesso di introdurre una nuova tecnica di diffrazione, detta della diffusione anomala (L.M. Maroney, P. Thompson e D.E. Cox, 1988), che fornisce risoluzioni di struttura incomparabilmente più precise. Essa consiste nel riprendere gli effetti di diffrazione di una sostanza con fasci resi monocromatici a tre (o più) lunghezze d'onda opportunamente diverse, di cui due ai due estremi dello spettro e una (o più) a una lunghezza d'onda di poco minore di quella (o quelle) della radiazione caratteristica dei principali elementi chimici presenti nel campione. Dal confronto di queste misure risulta facile raffinare separatamente i fattori termici dei diversi elementi e quindi ricavare una più precisa indicazione sulla posizione degli atomi corrispondenti nella struttura del materiale studiato.

La policromaticità della radiazione di sincrotrone ha inoltre richiamato dall'oblio il metodo originalmente usato da Laue. Specie se si usano i nuovi rivelatori piani sensibili alla posizione (PSD), si possono ottenere infatti in tempi brevissimi migliaia di effetti di diffrazione simultanei ben distinti anche da cristalli di piccolissime dimensioni (meno di 0,05 mm) con strutture che contengono migliaia di atomi. Fino a pochi anni fa le informazioni strutturali contenute in questi lauegrammi sarebbero comunque risultate incomprensibili o quasi; ora, però, esse sono elaborabili con i moderni calcolatori ed è quindi diventato possibile risolvere strutture anche complesse in un tempo ragionevole.

Dove tuttavia la radiazione di sincrotrone ha raggiunto la massima diffusione è nelle ricerche di spettroscopia, una tecnica di studio complementare alla diffrazione che in Mineralogia, per molti anni, è stata tenuta a margine (ingiustamente), essendo stata usata solo per l'identificazione di tracce di impurezze di elementi chimici diversi da quelli caratterizzanti, in genere le terre rare. In particolare, l'uso della radiazione di sincrotrone ha reso efficace la spettroscopia d'assorbimento dei raggi X, XAS, che era stata ideata fin nel 1922 da L.D. Kronig, ma che era stata sempre pochissimo usata per la scarsa affidabilità che si poteva attribuire ai suoi segnali quando essi erano ottenuti con sorgenti convenzionali. Tramite la radiazione di sincrotrone le "oscillazioni di Kronig" oltre la soglia d'assorbimento dei raggi X di un particolare elemento, per quanto deboli, risultano ben risolte e hanno potuto quindi essere spiegate ed utilizzate (F.W. Lytle e E.A. Stern, 1979) per determinare valenza e coordinazione dell'elemento assorbitore in modo indipendente da tutti gli altri elementi presenti nel materiale e dal suo stesso stato fisico. Questa è infatti la caratteristica che rende i metodi spettroscopici vantaggiosi oltre che complementari di quelli diffrattometrici: essi non dipendono né dallo stato di aggregazione del materiale esaminato (che può essere un solido, un liquido o un gas) né dal suo ordine, che può essere a lungo raggio (cioè con tutti gli atomi nelle posizioni previste dalla simmetria spaziale) oppure a corto raggio (cioè riguardare giusto le interazioni tra l'atomo esaminato e i suoi primi vicini). In questo modo si possono studiare particolarità inaccessibili alla diffrazione, tra cui la difettosità locale che, nei minerali, è una regola. L'elevata intensità della radiazione di sincrotrone inoltre permette di ottenere segnali da atomi diluiti (presenti in piccolo numero nella sostanza); questo fa sì che si possa determinare con ottima precisione tanto i contenuti (SR-XRF), quanto gli intorni locali (EXAFS, XANES) non solo degli elementi caratterizzanti, ma anche di quegli elementi minori e in traccia che sono sempre presenti nei solidi naturali e che spesso sono i veri responsabili delle loro particolarità fisiche. Con opportune tecniche, inoltre, si possono determinare solo gli atomi sulla superficie dei minerali (SEXAFS) e studiare quindi i modi con cui essi reagiscono con gli agenti atmosferici, oppure con i reagenti chimici che vengono usati per estrarne (ad esempio) alcuni elementi utili (Au, Pt, Cu, ecc.), con chiare implicazioni sui problemi di inquinamento ambientale, sia naturale sia indotto dal trattamento industriale. La spettroscopia di risonanza dei raggi gamma, basata su un effetto fisico scoperto da R.L. Mössbauer (1958), si è affermata in Mineralogia (G.M. Bancroft e R.G. Burns, 1967) perché è l'unico metodo oggettivo per evidenziare lo stato di valenza del ferro e per definire la proporzione in cui Fe2+ e Fe3+ sono presenti in un minerale anche quando lo sono simultaneamente. Inoltre essa permette di ripartire i veri tipi di Fe tra i diversi siti cristallografici, se presenti con energie di campo cristallino differenti, e di determinare appunto l'energia di ciascun sito. L'unico suo inconveniente è che gli atomi che presentano effetto Mössbauer sono pochi (Fe, Sb, Sn, Dy e alcuni altri tra cui Au). Recentemente essa è stata rivitalizzata sia per la creazione di apposite microsonde adatte per cristalli singoli e piccoli campioni come quelli contenuti nella cella ad incudini di diamante (C. McCammon, V. Chaskar e G. Richards, 1991), sia per nuove forme di elaborazione degli spettri dei minerali ferriferi che riescono a metterne in evidenza il comportamento magnetico.

La spettroscopia per risonanza magnetica nucleare (NMR), scoperta nel 1945 (E. Zavoisky), è rimasta ignorata dai mineralisti fino a che non è stato introdotta la tecnica detta per rotazione ad angolo magico (MAS: il campione è fatto ruotare su se stesso tenendolo inclinato di un angolo di 54.7° rispetto alle linee di forza del campo magnetico) che ha reso i picchi ottenuti sui solidi altrettanto ben risolti di quelli ottenuti coi liquidi. Nel 1980 E. Lippmaa, M. Mägi, A. Samoson, M. Tarmak e G. Engelhardt non ne hanno dimostrato tutta l'importanza con uno studio sistematico del comportamento del 29Si nei silicati. Quando poi J. Klinowski, S. Ramdas, J.M. Thomas, C.A. Fyfe e J.S. Hartman (1982) ne dimostrarono tutta la potenzialità con uno studio congiunto su 27Al e 29Si in zeoliti, da cui appariva che essa era in grado di distinguere in modo univoco il ruolo assunto dai singoli atomi di questi elementi nell'anello degli alluminosilicati, la NMR è esplosa e non c'è ora praticamente nessun minerale che non sia stato oggetto di studio. Anche altri cationi più rari come H, B, P o anioni come O e F possono essere studiati con buona precisione con questa tecnica. Questo rende la NMR uno dei più promettenti metodi di studio dei minerali reali, o per meglio dire uno dei metodi più adatti ad approfondire la conoscenza dello stato solido reale là dove si ferma la diffrattometria a cristallo singolo, che tende a fornire informazioni mediate a lungo raggio e spesso piuttosto idealizzate. Non vi è dubbio che in un prossimo futuro ne trarranno vantaggio anche gli studi di cinetica, come quelli sulla transizione da stato solido a liquido (processo di fusione), in quanto la NMR, come tutte le spettroscopie, prescinde dallo stato fisico del materiale studiato.